Fanatismo vs buonsenso - Allevamento labrador di casa Bertoldo

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Salute
Fanatismo contro buon senso
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Fanatismo vs buon senso:
quando il “troppo” animalismo è controproducente
Valeria Rossi 19 settembre 2011
Il mondo cinofilo, si sa, è fatto (anche, e per fortuna non solo) di discussioni, litigate, scanni vari. Alcuni, però, nascono e muoiono intorno al “fatto di moda” o all’argomento che resta scottante per qualche giorno e poi viene dimenticato, mentre altri proseguono imperterriti nei secoli dei secoli.
Quello tra animalisti e allevatori – particolarmente curioso, visto che dovrebbe trattarsi di persone che lavorano per un fine comune, il bene dei cani – sembra non sopirsi mai: ma in questi giorni è particolarmente attivo su diversi fronti specie su Facebook, dove ormai si sono concentrate quasi tutte le discussioni.
Un’amica mi racconta, per esempio, di aver fatto “amicizia” virtuale con una persona che si è complimentata con lei per i suoi cani, che ci ha chiacchierato amabilmente per qualche giorno…e che poi le ha tolto l’amicizia quando ha scoperto che allevava e che aveva fatto ben due cucciolate, vendendole.
“Gli esseri viventi non si vendono” è il grido di battaglia di questa categoria di animalisti che, invece di far la guerra ai cagnari, hanno deciso di farla a chi alleva con passione e competenza.
Su un altro “fronte” di guerra è nato lo scanno tra “sterilizzatori coatti” e persone che invece gridano allo scandalo quando sentono parlare di interventi chirurgici.
In entrambi i casi, leggendo, si ha la netta impressione di trovarsi in piene Crociate (o forse fra i più moderni talebani), tanto l’integralismo la fa da padrone.
Pur avendo già affrontato questi argomenti in altri articoli, dunque, credo che sia il caso di riprovare a scrivere qualche riga non tanto per prendere una posizione netta ma per invitare a “limare” un po’ il fanatismo e a dare un filino di spazio in più al buon senso: perché mi sembra che spesso ci si sbrani laddove, invece, si potrebbe (e magari si dovrebbe) combattere insieme.
Iniziamo col dire che le posizioni degli animalisti, sia nel caso del grido di guerra “gli esseri viventi non si commercializzano!” che nel caso dello “sterilizziamo il mondo”, sono basate sulla convinzione che seguendo le loro idee si debellerebbe il randagismo.
Il che, semplicemente, NON E’ e non sarà mai.
I canili non sono pieni perché tanta brutta gentaglia cattiva va a comprare un cane di razza dall’allevatore anziché portarsi a casa un trovatello: i canili sono pieni perché l’anagrafe canina non funziona, perché la gente fa nascere cuccioli a casaccio, perché si è persa la cultura del “cane utile” in senso positivo, ovvero del  cane visto come compagno e collaboratore, ed è nata quella del cane status symbol, del cane di moda, del “cane inutile”a cui tutti vogliamo tanto bene solo finché, per un motivo o per l’altro, non diventa un peso.
Siamo umani: e non c’è da vantarsi nel dirlo, perché l’essere umano è – proprio per definizione – un essere profondamente fallace, capace di amore “fino a un certo punto”. Il giorno in cui imparassimo ad amare DAVVERO senza riserve, come fanno i cani, non sparirebbe solo il randagismo: sparirebbero le guerre, gli omicidi, ma anche le risse da bar e gli scanni su FB.
Purtroppo non ne siamo capaci: ed è un nostro limite di cui dobbiamo per forza prendere atto, vergognandocene il giusto e cercando di riscattare questa pochezza con la cultura e l’intelligenza che ci vantiamo di avere, ma NON attaccando sempre (proprio con l’aggressività che condanniamo negli altri) chi ha una visione diversa dalla nostra.
Tornando ai nostri esempi, a che serve criminalizzare gli allevatori?
Certamente non sono loro a riempire i canili, e per capirlo basta fare due conti: i cani di razza, in canile, sono una percentuale infinitesimale. I cani di razza sani e tipici (ovvero quelli che nascono negli allevamenti seri) sono una percentuale infinitesimale della precedente percentuale infinitesimale: in realtà la maggior parte dei cani che in canile viene definita “di razza” non lo è affatto, o se lo è si tratta di soggetti decisamente scadenti, di probabile provenienza cagnara.
L’animalista talebano, però, pone la questione in un altro modo: sostiene, cioè, che se non esistessero gli allevatori il pubblico si fionderebbe a svuotare i canili.
Ma questo ragionamento presuppone una base di partenza che non esiste, e cioè che la gente sia obbligata a prendersi un cane.
Se così fosse, se “glielo ordinasse il dottore” di portarsi a casa un amico a quattro zampe, il ragionamento potrebbe apparirebbe logico: non ci sono cani di razza, quindi devo andare per forza in canile.
La realtà, però, è completamente diversa: ed è, papale papale, che chi ama il cane di razza, piuttosto che portarsi a casa il cane del canile, STA SENZA! Fa a meno del cane. Si prende un gatto, o un canarino, o niente del tutto.
Se uno ama i vestiti griffati, non andrà mai al mercatino sotto casa se gli chiudono le boutique in centro: piuttosto farà centinaia di chilometri e andrà in un’altra città, ma andrà comunque a comprarsi il vestito che piace a lui.
Certo, se chiudessero tutte le boutique del mondo sarebbe costretto a comprare al mercato: ma solo perché, se giri nudo, ti arrestano (e invece, se giri senza cane al guinzaglio, nessuno può dirti nulla). Però questo infelice “deprivato dalla griffe” indosserebbe con sommo disprezzo i suoi abiti da tanto al mucchio, che gli fa proprio schifo avere addosso: e a questo punto io penso “MENO MALE” che gli animali  non sono obbligatori come i vestiti, perché mi farebbe proprio male al cuore vedere gente che tratta il proprio cane con sommo schifo e disprezzo. E non mi dite che non sarebbe possibile, che uno alla fine si innamorerebbe per forza di cose, perché qualsiasi cane sa conquistare il cuore di chiunque… perché non è vero neanche questo!
Non solo è palesemente non-vero per il solo fatto che i canili siano, appunto pieni (se uno è innamorato, il suo cane mica lo butta via); non è vero anche perché si vedono continuamente persone che disprezzano i propri cani anche solo perché non hanno “reso” come speravano nello sport o nel lavoro. E anche questo, ahimè, fa parte dell’animo umano.
Pensiamoci un attimo: quando sentiamo una moglie che dice di aver divorziato perché il marito era un buono a nulla che non sapeva tenersi un lavoro, tutti approviamo ed applaudiamo, o quantomeno comprendiamo le sue ragioni.
Quando un cacciatore porta il cane al canile perché non era buono a caccia, tutti – chi scrive in testa – siamo pronti a dargli del lurido bastardo. Eppure, se andiamo a vedere, sono due casi molti simili!
Certo, lo so anch’io che il marito è un “essere inutile” colpevole e consapevole, mentre il cane è una vittima innocente: ma se guardiamo solo il personaggio dell'”abbandonatore”, vedremo che le motivazioni sono abbastanza vicine. L'”inutile” si mette da parte.
Sono motivazioni “umane” che fanno parte della cultura umana: giuste o sbagliate che siano, esistono e non si può far finta che non sia così.
Anche le ragioni di chi vuole l’abito griffato, se vogliamo, possono essere sbagliatissime:  ma non le cambi di certo eliminando l’oggetto del suo desiderio (anzi! Da un lato ti fai odiare, e dall’altro scateni un desiderio ancora più forte: proibizionismo docet).
Se vuoi cambiare la testa della gente devi partire dalla cultura di base, iniziando a spiegare ai bambini delle elementari l’importanza dell'”essere” contrapposta a quella dell'”apparire”; devi cambiare una TV che promuove solo l’apparire; devi eliminare il marketing consumistico; devi, puoi fare mille cose…sopprimere tutti gli stilisti o tutte le boutique è sicuramente la più stupida e la più inutile.
Un po’ come togliere l’amicizia su FB a chi ha confessato la terribile colpa di allevare cuccioli di razza pura.
Un altro motivo per cui gli animalisti odiano gli allevatori è – mi dispiace dirlo – la loro profonda ignoranza in materia: è il fatto che per loro non c’è alcuna distinzione tra Allevatore con la A maiuscola e cagnaro, commerciante, importatore, cucciolivendolo.
Essendo stati indottrinati ad un certa visione del mondo, e considerando “brutto e cattivo” chiunque “venda esseri viventi” – come se fosse tutto un mercato degli schiavi, o giù di lì – loro stanno alla larghissima dal mondo della cinofilia ufficiale, che quindi non conoscono. Non sanno – ignorano, appunto –  cosa sia e cosa faccia un Allevatore. Ignorano la montagna di spese che sta dietro ad una cucciolata di buona qualità (che non significa bella, ma SANA – innanzitutto – e di buon carattere, oltre che tipica morfologicamente); ignorano che differenza passi tra “rientrare delle numerosissime spese sostenute per far venire al mondo cuccioli sani e felici” e “speculare sulla pelle” di cuccioli che magari si comprano a 100 euro e si rivendono a 1000 senza aver fatto NIENTE per loro.
Se gli animalisti capissero la differenza, sono certa che starebbero in prima linea al fianco degli allevatori a combattere il cagnerisimo: ma la differenza non vogliono capirla, perché non vogliono informarsi e perché, purtroppo, dietro al randagismo c’è un business miliardario che ha tutto da guadagnare nello sfruttare l’opera di persone di buon cuore (che lavorano gratis) lasciandole nell’ignoranza più crassa, anzi indottrinandole, appunto, con quelle che sanno benissimo essere clamorose balle travestite da “parole sagge spese per il bene dei cani”.
E questo perché? Perché se al mondo i cuccioli li facessero nascere SOLO i bravi Allevatori, quelli con la A maiuscola, quelli che selezionano anche i clienti, e non soltanto i riproduttori… il randagismo SCOMPARIREBBE nel giro di una decina d’anni.
E questo non può andare giù a chi, su questo fenomeno, si arricchisce e ha tutto da guadagnare a lasciare le cose come stanno.
Perché, con rarissime eccezioni, non vedi MAI le associazioni animaliste fare campagne per il rispetto, e soprattutto per i controlli (quasi inesistenti) dell’anagrafe canina? Chi ha il cane chippato ci pensa due volte prima di abbandonarlo, perché si può risalire a lui: eppure nessuno si sogna di farsi un bel giro per città e campagne, corcando di multe severissime chiunque abbia un cane non chippato. PERCHE’?
Lo sanno, i nostri astutissimi politici, quanti soldi potrebbero incassare in questo modo?
Altro che manovre e patrimoniali: cominciassero a fare mille euro di multa a tutti quelli che hanno un cane non registrato all’anagrafe, si coprirebbe una bella fetta del nostro famoso debito pubblico (e un’altra fetta si coprirebbe facendo pagare le tasse a tutti gli allevatori, educatori, addestratori e cinofilosofi improvvisati, nonché evasori…ma questo è un altro discorso, che affronteremo un’altra volta).
Perché, sempre con rare eccezioni, non  vedi MAI gli animalisti costituirsi parte civile nei (già rari) processi fatti ai pochissimi che vengono beccati quando abbandonano un cane?
E perché, invece di prendersela con gli allevatori, non se la prendono (almeno a livello nazionale) con i sindaci che se ne impippano della LEGGE vigente e non costruiscono i canili, soprattutto al Sud, o che li danno in appalto alla criminalità organizzata anziché a persone che amano davvero i cani, magari a giovani che così potrebbero trovare un onesto lavoro, anziché restare disoccupati finché non finiscono, appunto, tra le grinfie di mafie e affini?
Perché nei canili lager ci vanno quelli di Striscia o dell’Espresso e non ci vanno invece le Forze dell’Ordine, su denuncia di tutti questi animalisti tanto pronti a scagliarsi contro chi alleva con passione?
Chiediamocelo, per favore.
Anzi, se lo chiedano gli stessi animalisti: si chiedano perché si scaldano tanto (e/o vengono invitati a scaldarsi) contro persone che non fanno nulla di male, anzi che adorano i cani e dedicano la propria vita al loro benessere (e anche se guadagnano un onesto stipendio facendolo come lavoro, che male c’è? Non sono tutti Bill Gates, al mondo: lavorare bisogna. Ma se si lavora per il BENE dei cani, dove sta il problema?), anziché affrontare a muso duro le VERE cause del randagismo e dei canili strabordanti.
Se cominciano a farsi le domande, forse troveranno anche le risposte.
Diatriba numero due, quella sulla sterilizzazione: alla quale, lo dico subito, io sono favorevolissima, per una serie di motivi che ho già ampiamente elencato in altri articoli, ma che si riduce poi ad un solo motivo di base, quello della prevenzione sanitaria.
Sterilizzare soprattutto la cagna (ma in misura minore anche il maschio) riduce fortemente il rischio di un’infinita serie di patologie legate agli ormoni sessuali. Non tutte le patologie del mondo, questo è evidente: ma patologie anche gravi come piometra, tumori della mammella e (più raramente) tumori all’utero, nella femmina, possono essere evitati con la sterilizzazione. Mentre prostatiti, tumori della prostata, morbo di Cushing ed altro possono essere scongiurati nel maschio.
Questo è il motivo per cui  io consiglio spesso la castrazione (meglio se in età prepubere)… ma è anche l’UNICO motivo: per contro, non penso affatto che sterilizzare le cagne aiuti a ridurre il randagismo (semmai lo potrebbe  ridurre una seria diffusione della cultura cinofila: anziché tapezzare i muri di manifesti contro i cani di razza, per esempio, si potrebbero tapezzare gli stessi muri con manifesti che spieghino che la cagna NON deve fare per forza “una cucciolata nella vita, perché altrimenti si ammala”, e che il maschio non ha alcun “bisogno”, nè fisico né psicologico, di accoppiarsi).
Anche su questo tema, in questi giorni, ho letto posizioni talebane: come quella di un signore che ha descritto la sterilizzazione come “tortura eviratoria”, paragonandola, nientemeno, alla lobotomia. Il che è semplicemente un’antropomorfizzazione portata all’estremo.
Il cane non ha un atteggiamento mentale di tipo “culturale” nei confronti della sua sessualità: non si sente “meno virile” se non ha più i testicoli, non si strugge di “desiderio di maternità irrealizzato” se perde le ovaie. Il cane se ne infischia bellamente, perché il sesso per lui si riduce a un istinto che è fortissimo quando arriva (Madre Natura non è mai così pressante come quando si tratta di conservazione della specie), ma che scompare immediatamente dopo. Quando una cagna non è in calore, al sesso non ci pensa neanche di striscio: se non ha i cuccioli, l'”istinto materno” non sa neppure dove stia di casa. Il maschio che monta le gambe di tutti gli umani che trova, nove volte su dieci, vuole solo dimostrare che “comanda lui”, ma il sesso è lontanissimo dai suoi pensieri.
Certo, se spiegassimo tutto questo alle Sciuremarie, di cucciolate “ad capocchiam” se ne farebbero comunque meno, senza bisogno di fare campagne alla “facciamo fuori tutte le ovaie  e tutti i testicoli del mondo!” che comportano l’ovvia – e inevitabile – reazione uguale e contraria: “NOOOOOOOOO!! Sciagurati torturatori! Lasciamo tutti integri e lasciamo che viga il libero amore!”
Ma non ci si potrebbe mettere seduti tranquilli, a tavolino, e sviscerare i pro e i contro con un minimo di buon senso? Tipo:
– la sterilizzazione NON eliminerà mai gli abbandoni e il randagismo: questo è un dato di fatto.
Basta che UNA singola coppia di cani al mondo rimanga integra, e nel giro di una ventina d’anni avremo una popolazione canina pressoché uguale a quella odierna  (una coppia può fare una decina di cuccioli, maschi e femmine, che riaccoppiandosi tra loro due volte all’anno fanno…? Fatevi i conti da soli, fautori della sterilizzazione anti-randagismo: vi verrà un coccolone).
Questo, dall’altro lato della barricata, risponde anche a chi strilla “Noooo!!! La sterilizzazione noooo!!! Vogliamo forse far estinguere i cani?!?”. Ma per favore…
– la sterilizzazione protegge i cani da una lunga serie di importanti patologie, mentre sull’altro piatto della bilancia abbiamo il rischio chirurgico (soprattutto per la femmina, dove l’intervento è più invasivo) e un possibile effetto collaterale molto sgradito (l’incontinenza, che arriva all’incirca nel 20% dei casi);
– la sterilizzazione può produrre qualche (di solito passeggero e quasi sempre irrilevante) cambiamento caratteriale, che può essere quello desiderato (minore aggressività intraspecifica nel maschio, ma SOLO se la castrazione è molto precoce), ma anche indesiderato (maggiore aggressività riscontrata in alcune femmine). La castrazione NON serve quasi mai a risolvere problemi caratteriali consolidati da lungo tempo e probabilmente non legati solo al testosterone, che comunque viene prodotto anche dalle ghiandole surrenali e non soltanto dai testicoli: quindi, eliminando quelli, non si elimina del tutto l’ormone;
– ancora per rispondere alla stessa persona che su FB parlava di “tortura eviratoria”: a)  la sterilizzazione non tortura proprio nessuno (a parte un paio di giorni di disagio durante la convalescenza nella femmina: il maschio, di solito, di sveglia dall’anestesia e si comporta come se nulla fosse mai successo) e non ha alcuna conseguenza sulla psiche del cane, che semplicemente non SA di essere stato privato della possibilità di riprodursi; b) consigliare la sterilizzazione NON è un bieco escamotage dei veterinari che vogliono arricchirsi con questi interventi, perché a loro converrebbe MOLTO di più continuare ad operare cagne con tumori o piometre, trattandosi di interventi assai più costosi e che possono ripetersi anche più volte nella vita della stessa cagna.
In tutta sincerità, a me sorge il dubbio contrario: e cioè che sia qualche veterinario apparentemente animalista a giocare sporco sul “lasciate tutti integri e fateli accoppiare a tutto spiano” sperando di operare tante mammelle (oltre, ovviamente, a vaccinare tanti bei cuccioli…e se poi verranno abbandonati, pazienza: tanto i veterinari lavorano anche nei canili).
Detto tutto questo, ovviamente…non abbiamo detto quasi nulla: le discussioni possono continuare all’infinito (e continueranno!), ma il succo di tutto il mio discorso vorrebbe essere uno solo: impariamo a ragionare con la nostra testa su questi (ed altri) argomenti, a valutare tutti i pro e i contro, a fare piazza pulita delle leggende metropolitane e anche di quelle da canile e ad esercitare l’unica, vera caratteristica che ci dovrebbe distinguere dagli animali: lo spirito critico, anche nei confronti di chi stimiamo e rispettiamo (ma che comunque – e di chiunque si tratti –  resta un essere umano, e come tale può anche sbagliare).
E’ giusto affidarsi a chi ne sa più di noi, in ogni campo, per formarsi e crescere: ma NON è giusto prendere le parole di chicchessia (fosse anche uno scienziato o uno specialista espertissimo nella materia) come Vangelo.
Il Grande Capo Animalista vi dice che gli allevatori sono brutte bestiacce cattive che speculano sui cani? Provate a parlare con qualcuno di loro e fatevi un’opinione vostra. Il Sommo Veterinario vi dice di sterilizzare (o di NON sterilizzare) assolutamente il vostro cane? Leggete o ascoltate anche le ragioni di chi la pensa nel modo opposto…e alla fine di tutto questo, ricordatevi che comunque il cane è VOSTRO e che vostra è la responsabilità delle scelte che farete (anche se avrete “dato retta a qualcun altro”): il che mi sembra un’ottima ragione per valutare con calma, coscienza e intelligenza prima di prendere una qualsiasi decisione in un senso o nell’altro.
E’ vero che “nessuno nasce imparato”: ma è anche vero che, volendo, ci si può informare. Sempre, su tutto: ma soprattutto su ciò a cui teniamo davvero.
Farsi una cultura cinofila il più completa possibile dovrebbe essere tra le priorità assolute di chi ama i cani: non basta seguire il “guru” di turno e prendere per buono tutto quello (e SOLO quello) che dice lui… anche perché, non dimentichiamolo, i santi su questa terra sono merce rara, e dietro ad ogni tema  – anche a quelli apparentemente più nobili e puri – può nascondersi un business.
Non è che sia vietato, per carità: viviamo in un mondo FATTO di business.
Però bisogna almeno tenerne conto e saper usare quel pizzico di cinismo necessario per saper distinguere, senza ammantare di santità chi il santo lo fa solo a parole…ma

L'autore: Valeria Rossi savonese, annata 53, cinofila da sempre e innamorata di tutta la natura, ha allevato per 25 anni e addestrato cani da utilità per 16.
È stata autrice di oltre 60 libri cinofili.



 
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