I cani non si comprano!” Allevatori vs animalisti: chi ha ragione?Valeria Rossi 3 maggio 2011
di VALERIA ROSSI –
“I cani non si comprano“! Perché sono esseri viventi e non oggetti, perché non si dovrebbe neppure pensare ad acquistare un cane “con tutti quelli che muoiono nei canili“, perché “chi ama gli animali sul serio se ne frega della razza e adotta quelli che ne hanno più bisogno“.
Ha senso, questo discorso?
E ha senso che animalisti e allevatori litighino, si scannino e si prendano quotidianamente per il collo (almeno metaforicamente, su Facebook e dintorni), insultandosi reciprocamente?
Proviamo a fare un po’ di chiarezza e cominciamo col dire che scannarsi sul modo giusto di amare gli animali in generale, e i cani in particolare, fa solo il gioco di chi sugli animali ci specula.
E a speculare, purtroppo, sono in tanti: partendo dagli pseudoallevatori che in realtà sono cagnari o “canivendoli”, ed arrivando agli altrettanto “pseudo” animalisti che si arricchiscono chiedendo la carità per i poveri cagnolini abbandonati (o gestendo canili lager) e che poi si fanno le ville, mentre i cani vivono a pane e acqua (quando va bene).
Perché si fa il loro gioco?
E’ molto semplice: prendiamo una qualsiasi Sciuramaria che ha visto “il cane della pubblicità del telefono” e se ne è innamorata. Così, a prima vista, senza sapere neanche che cane è.
Cosa farà?
Partirà alla ricerca di quel cane lì, e solo di quel cane lì: e girerà tanto finché non ne troverà uno che, almeno ai suoi occhi, sia proprio uguale a quello.
Ora, mettiamo che la Sciuramaria legga l’appello di un animalista che decreta che “i cani non si comprano”.
A quel punto, come pensate che reagisca?
Credete, per caso, che si chieda anche solo per un secondo che tipo di cane è quello della pubblicità? Che si domandi anche solo vagamente se sarà mai in grado di gestire un cane con quelle caratteristiche?
Pensate forse che dica a se stessa: “E’ vero, sono proprio una deficiente, non ho alcun bisogno di un cane come quello”? Che arrivi a capire che a lei, dopotutto, serve solo un amico, un compagno… e che le doti di un cane di razza con lei sarebbero probabilmente sprecate, mentre ciò di cui ha bisogno può trovarlo benissimo in qualsiasi canile?
Bene: scordatevelo!
Se vi siete illusi che la Sciuramaria ragioni così, significa che non avete capito un accidenti della razza umana. Magari conoscerete i cani, ma gli umani proprio no!
La Sciuramaria penserà qualcosa di questo tipo: “Uhhhh… ma hanno proprio ragione, gli animalisti! Ho telefonato a un allevatore che alleva i cani del telefono e mi ha chiesto millecinquecento euro! E’ proprio vero, gli allevatori sono dei disgraziati! Sono tutti dei ladri! Meno male che la settimana prossima c’è la Fiera del cucciolo al mio paese, almeno il cane lo compro lì! Che la sorella della cugina della zia del mio parrucchiere, che di cani se ne capisce, ne ha preso uno lì l’anno scorso e l’ha pagato solo trecento euro!”.
E andrà a comprarsi un cane che a lei sembra di razza, ma non lo è: che magari ha qualche bella tara ereditaria. Che non ha mai visto una vaccinazione e che potrebbe ammalarsi e morire a pochi giorni dall’acquisto.
Ma non è finita qui. Perché una volta che si sarà comprata il suo cane dell’Est alla fiera del cucciolo, sempre che il cucciolo riesca a crescere senza ammalarsi e/o morire prima, la Sciuramaria scoprirà improvvisamente che il cane fa la pipì, che va portato fuori anche quando piove, che non si raccoglie da solo le cacche (lei ci sperava), che se gli viene mal di pancia vomita sul tappeto e non corre nel bagno a sentirsi male in privato e dignitosamente.
Magari, se si è comprata proprio “il cane del telefono”, scopre anche che è un border collie e che ha un bisogno sfrenato di correre, di lavorare e di giocare, mentre lei sperava di tenerselo tutto il giorno sul divano.
Se invece “il telefono” era un altro, potrebbe scoprire che un Dogue de Bordeaux mangia cinque euro buoni di cibo al giorno, dissipandole la pensione.
A quel punto la Sciuramaria penserà: “Porca miseria, ma che fregatura che è ‘sto cane (non lei, sia chiaro: il CANE. I proprietari inadeguati, ignoranti e imbecilli danno SEMPRE e SOLO la colpa al cane, quando non riescono a gestirlo). Meno male che ci sono quegli animalisti tanto bravi che se lo prendono di sicuro e lo danno a qualcun altro”.
Dopodiché telefona al rifugio, chiede se può portargli il cane: e regolarmente si sente rispondere che non c’è posto, che ne hanno già millemila, che lei in fondo ha da piazzarne UNO, mentre loro devono sistemarne una marea. Quindi, perché non si sforza di trovare LEI un nuovo padrone al suo ex beniamino?
Il ragionamento non fa una grinza, ovviamente. Ma le grinze, la Sciuramaria, ce l’ha nella testa.
Dal momento in cui ha deciso che “il cane della pubblicità” (che oltretutto è proprio una bidonata, perché non risponde neanche al telefono!) è diventato un peso e non più un piacere, DEVE assolutamente levarselo dai piedi in un massimo di dodici ore.
Quindi fa un paio di telefonate agli amici (che cortesemente declinano l’offerta di beccarsi un cane adulto, di dubbie origini e probabilmente anche maleducato), decide che “non c’è altro da fare” e, a seconda del suo grado di stronzaggine, può decidere di:
a) legarlo fuori dal rifugio che l’ha rifiutato (“tanto, dove si mangia in millemila si mangia in millemila e uno”);
b) mollarlo per strada (“tanto è bello, è simpatico, qualcuno se lo piglierà di sicuro”);
c) portarlo dal veterinario chiedendogli direttamente di sopprimerlo (scelta purtroppo rara – anche se non COSI’ rara – non perché la Sciuramaria si senta una merda all’idea di uccidere un cane sano e un amico che la adora, ma solo perché il veterinario va pagato).
Ora chiediamoci: quante Sciuremarie di questo genere ci sono, al mondo?
Per quello che mi dice un’esperienza cinofila ormai quarantennale, ahimé, un buon 70% della popolazione italiana è costituita da personaggi di questo tipo (e temo che siamo più vicini all’ottanta per cento… ma voglio essere ottimista).
Che non sempre sono persone veramente cattive (esclusi quelli che veramente pensano di ammazzare il cane): sono semplicemente ignoranti.
Ma proprio di un’ignoranza totale, globale, che parte dall’inconsapevolezza di che cos’è realmente un cane (per molti è ancora “solo una bestia”: ma non stupiamoci troppo, visto che per altrettante persone gli immigrati “sono solo negri”…) e arriva alla beata ingenuità di credere davvero che un cane abbandonato “troverà sicuramente una nuova famiglia”.
E a quel punto lì, le cifre da incubo sciorinate dalle associazioni (che a volte vengono leggermente gonfiate, è vero: ma neanche poi tanto), che parlano di tutti i cani che fanno fini atroci invetiti dalle auto, torturati da esseri sub-umani che parlano e camminano su due zampe, catturati per essere ceduti a vivisettori e affini… guarda caso, non la convincono più.
Gli animalisti “avevano proprio ragione” quando parlavano male degli allevatori: ma adesso che le dicono che il suo cane ha 90 probabilità su cento di finire malissimo, “sono tutti un po’ fanatici”.
Allevamento serio: così vengono tenuti i cuccioli
E attenzione: questo scenario da incubo va moltiplicato per dieci se la sciura NON ha comprato il suo cane (neanche pagandolo poco), ma l’ha ricevuto in regalo.
C’è perfino un detto che recita: “Cane regalato, presto abbandonato”… e purtroppo la saggezza popolare, in questo caso, non sbaglia.
Tant’è vero che nei canili la percentuale di cani di razza (o presunti tali) è infinitesimale rispetto a quella dei meticci, frutto di “libero amore” spesso propagandato – e messo in pratica sui propri cani – dagli stessi animalisti, secondo cui il “rispetto per gli esseri viventi” consiste anche nel lasciarli riprodurre a spron battuto. Dopodiché i cuccioli si regalano a destra e a manca con grandi sorrisi, in attesa di vederli approdare ai vari canili (perché il 70% dei cani regalati “a tradimento” finisce esattamente lì).
Dunque, serve a qualcosa sputtanare chi alleva cani di razza? Fa davvero il bene dei “poveri cagnolini che languono nei canili”?
La risposta, a tutte lettere, maiuscolo e grassetto, è NO.
Sputtanare gli allevatori, e soprattutto metterli sullo stesso piano dei canivendoli, serve solo ad ingrassare questi ultimi, che non spendendo un centesimo per allevare possono praticare prezzi leggermente più bassi di chi invece si danna per produrre solo cuccioli belli e soprattutto sani, ben tenuti, socializzati, pronti ad entrare in una nuova famiglia portando tanta gioia e pochissimi problemi.
Ma ora veniamo alla domanda-chiave, al punto base di questa discussione: è giusto vendere un essere vivente?
La risposta è di nuovo un NO a tutte lettere, maiuscolo e grassetto, se per “vendere” si intende “speculare sulla pelle di questi esseri viventi, allo scopo di arricchirsi”.
Ma NON E’ QUESTO che fa un allevatore serio.
Un allevatore serio si prodiga per rendere la sua razza del cuore sempre più diffusa ed amata: e per questo si sforza di produrre cuccioli BELLI, SANI e DI BUON CARATTERE: ovvero quel tipo di cane che non viene praticamente MAI abbandonato.
Peccato che i cani belli, sani e di buon carattere non nascano dalle uova di Pasqua.Sono il frutto di un lavoro duro, costosissimo e maledettamente appassionante che si chiama selezione: e che consiste, tanto per cominciare, nel passare le notti a studiare gli accoppiamenti migliori, ad imparare la genetica canina, a farsi mille chilometri di viaggio per trovare lo stallone giusto per la cagnetta giusta. POI consiste nel sottoporre i riproduttori a tutti i possibili test sanitari (costosissimi) che servono ad identificare la presenza di eventuali malattie genetiche. POI consiste nel far valutare i propri soggetti da giudici esperti (nel campo della bellezza e in quello del lavoro, per le razze selezionate a questo scopo), per capire se davvero ci si sta avvicinando al traguardo cinotecnico che tutti sognano, ovvero il cane “assolutamente” bello, bravo e sano. E pure qui, son soldi che volano via: tutto questo PRIMA che la cucciolata sia nata, perché dopo ci sono altre mille cose da fare (e altri euro da spendere): non vi faccio tutta la lista, ma vi invito a leggere questo articolo in cui viene descritto il lavoro di un buon allevatore per produrre una cucciolata DOC.
A questo punto gradirei prevenire un’altra accusa classica degli animalisti: quella secondo cui gli allevatori sarebbero delle specie di NAZISTI che vogliono la “razza pura” esattamente come Hitler voleva la razza ariana.
Purtroppo devo smentirvi e spernacchiarvi, amici miei: perché Hitler, per ottenere la “sua” razza pura, ha pensato bene di far fuori qualche milione di persone che non rientravano nei suoi canoni.
Un allevatore serio non fa fuori proprio nessuno (i cagnari a volte sì: e quelli vi autorizzo a pieno titolo a chiamarli nazisti… ma non è che loro vogliano il cane perfetto. Vogliono solo cani che garantiscano un guadagno. Quindi sono pure nazisti di serie B).
Un allevatore serio fa tutte le indagini e gli esami del caso per prevenire la nascita di cuccioli malati, che potrebbero vivere una vita infelice.
Se succede lo stesso (e purtroppo succede, perché la genetica non è una scienza esatta), l’allevatore serio regala il cucciolo che mostra un piccolo problema, mentre si tiene e si prende cura personalmente (spendendoci altri soldi) di quelli che i problemi li hanno più gravi.
Se questi allevatori sono nazisti, allora sono nazisti anche tutti i medici che si sbattono da decenni per debellare malattie come la sindrome di Down o tutte le altre patologie genetiche umane che portano a vite difficili, bloccate su sedie a rotelle, impossibilitate a relazionarsi con gli altri e così via.
Allevamento serio
Se poi pensate che non si dovrebbe cercare alcuna cura, che chi nasce così dev’essere accettato con grande gioia (e magari fare pure lui stesso i salti di gioia per essere nato così, sempre ammesso che abbia gambe su cui saltare), allora stavolta sono IO a considerarvi “pazzi fanatici”.
Ma mi auguro che siate tutti d’accordo con me sul fatto che cercare di prevenire malformazioni, dolore, vite “da cani” nel vero senso della parola non soltanto sia un’opera buona, ma che dovrebbe essere un preciso DOVERE di chi alleva (sia cani che umani).
Bene, questo è quanto fa un allevatore serio.
E siccome per farlo deve sostenere costi elevati, mi sembra anche corretto che ottenga un rimborso di questi costi quando cede un cucciolo.
E se poi a questo lavoro di selezione e di cura decide di dedicare la propria vita, vi sembra così “immorale” che ricarichi sul prodotto di questo lavoro anche una piccola quota che, moltiplicata per il numero di cuccioli che metterà al mondo, gli permetta di vivere decorosamente?
Non so a voi, ma a me sembra molto più immorale che gli alti papaveri di associazioni protezionistiche (alcuni dei quali beccati e condannati, altri purtroppo no…) si siano messi in tasca i lasciti delle vecchiette che pensavano di “lasciare tutto agli animali abbandonati”, o che si siano intestati le case che le stesse vecchiette lasciavano in eredità a quelle associazioni.
Attenzione, NON sto parlando dei volontari: i volontari sono, nella quasi totalità dei casi, persone dall’immenso cuore, spesso a loro volta sfruttati biecamente (e immoralmente) dai soliti alti papaveri che fingono di “non avere soldi”, perché intanto i bilanci non può vederli nessuno, e che li usano per mantenere in vita canili e rifugi in cui gli animali vivono malissimo, mentre loro si arricchiscono.
E non è successo una volta, né due, né tre.
Succede continuamente, in ogni parte d’Italia, in modo più o meno eclatante. Ma succede.
E spesso gli stessi ingenui volontari che vanno a scopare merda gratis per gente che si fa lo yacht sulla loro pelle sono gli stessi che poi accusano gli allevatori di essere “ladri” o “speculatori”.
SVEGLIA, signori miei.
Le cose non stanno esattamente così.
Canificio
Certo, i cagnari esistono. Ce ne sono mari, anzi oceani.
Gente che fa finta di allevare, che inalbera il cartellone “Allevamento di Pincopallo”, quando in realtà importa cuccioli dell’Est e li rivende dopo aver buttato nella spazzatura i (molti) cadaveri che arrivano con il camion della settimana.
Gente che alleva “in batteria”, con i cani tenuti in kennel stipati uno sopra l’altro; gente che fa coprire le cagne ad ogni calore; gente che non fa neanche una vaccinazione ai cuccioli, altro che esami per le patologie ereditarie. Gente che vende “cuccioli di tutte le razze, sempre disponibili, spedizioni in tutta Italia isole comprese”, come Aiazzone (che non è finito troppo bene neanche lui, stando alle cronache).
Ma c’è un piccolo, piccolissimo particolare: questi NON SONO ALLEVATORI.
Sono, appunto, cagnari. Canivendoli. Commercianti di carne canina. Chiamateli come volete, purché non li confondiate con chi alleva con passione, serietà, competenza e amore.
Perché chi alleva con e per amore non favorisce MAI il randagismo: anzi, è il peggiore nemico dell’abbandono e del randagismo.
Perché i cani che vengono abbandonati sono, nel 99% dei casi, cani problematici.
Cani malati. Cani che mordono. Cani che scappano.
E anche, ahimé, cani che non sono stati capaci di svolgere il loro lavoro: questa è una quasi-esclusiva dei cacciatori, che trovano normalissimo buttare in autostrada il cane che ha paura della fucilata (sempre che la fucilata non la tirino direttamente a lui).
Se togliessimo dai canili di tutta Italia tutti i cani da caccia, il problema del sovraffollamento svanirebbe in un attimo.
Ma per quanto io detesti caldamente la caccia e tutti i cacciatori, una considerazione devo anche farla: i cani da caccia bravi non li abbandona mai nessuno.
Parecchi cacciatori (non tutti, fortunatamente: ma parecchi sì) non sono cinofili nel senso di “amanti dei cani”: utilizzano il cane come strumento, che lo considerano alla stessa stregua del fucile. Se funzioni, bene. Se non funzioni, ti caccio via.
Ma anche in questo caso, guarda un po’, è difficilissimo trovare soggetti di alta genealogia nei canili. E perché? Perché chi seleziona con cura i cani da caccia, esattamente come chi seleziona cani da difesa, da compagnia e o da pastore, mette al mondo cani sani e con le doti caratteriali giuste per il lavoro che devono svolgere.
Allevamento serio
I cani da difesa bene allevati (e qui intendo anche “ben gestiti nelle prime settimane di vita”) non scappano davanti a un tizio che minaccia il loro umano: i cani da caccia bene allevati non scappano se sentono un colpo di fucile. E questi cani NON vengono quasi mai abbandonati.
Forse non sono amati nel modo giusto, sicuramente non nel senso che intendiamo noi che diciamo al nostro cane “vieni dalla mamma” o “vai a vedere se arriva papà”: ma almeno sono rispettati. Anzi, a volte sono portata a credere che siano quasi “più” rispettati dei nostri, che a volte li umanizziamo oltre il lecito.
Di sicuro, comunque, non vengono “gettati via”.
I cani che riempiono i canili sono i meticci frutto del “libero amore” (e poi dell’impossibilità di piazzare i cuccioli), o di accoppiamenti sciaguratamente VOLUTI perché gli umani credono a leggende metropolitane tipo quella che “la cagna deve partorire almeno una volta nella vita” (balla stratosferica, leggete questo articolo se per caso ne siete convinti anche voi); sono i cani da caccia che non sanno cacciare; sono i cani “più o meno di razza” comprati in negozio, o alle fiere del cucciolo, o dall’amico del cugino del cognato che ha un maschio e una femmina in casa e spara fuori una cucciolata ogni sei mesi, che vende su subito.it; sono i cani prodotti – e in questo caso il termine è più che mai appropriato – da tutti i livelli di cagnari e canivendoli di cui l’Italia è fin troppo ricca, alcuni dei quali possono pure fregiarsi di un affisso ENCI (il che è il fondo dei fondi, davvero il massimo della vergogna).
Canificio
I CANI NON SI VENDONO?
Per lucro, no. Eticamente, sarebbe molto bello poter dire di no. In pratica, se la loro nascita è stata programmata e seguita come avviene in un allevamento davvero serio, i cani si DEVONO vendere per forza. Non per specularci sopra, ma per rifarsi delle spese necessarie per mettere al mondo cani con alte speranze di un futuro felice, sano e lontano dai canili (e/o, se vogliamo, per vedere onestamente retribuito un onesto lavoro svolto con impegno, passione e competenza).
I CANI NON SI COMPRANO?
Be’… dipende. Se si vuole semplicemente “un cane” da amare, coccolare, accudire (e dal quale ricevere il quattromila per cento circa di quello che gli daremo) NO, non si devono comprare: anzi, è un dovere civile e morale quello di svuotare i canili che tanti sciagurati hanno contribuito a riempire.
Ma di questo parlerò tra pochissimo.
Prima, invece, vorrei gridare ai quattro venti qualcosa di cui sono profondamente convinta: I CANI NON SI REGALANO!
Non si regalano con lo scopo di levarseli dal groppone, ma non si regala neppure il cane (né meticcio, né “griffato”, né microscopico né gigante) a qualcuno che non è profondamente e responsabilmente preparato a riceverlo.
La scelta di un cane dovrebbe essere ponderata quasi quanto quella di un figlio: ci vogliono i presupposti giusti, la “testa” giusta, le condizioni economiche giuste, l’amore giusto.
E ci vorrebbe anche un po’ di competenza, un po’ di consapevolezza di quello che si sta facendo: ma questa, tutto sommato, la si trova più facilmente tra gli aspiranti proprietari di cani che tra gli aspiranti genitori. Purtroppo non è diffusa quanto dovrebbe, ma lo è più che nel campo umano, dove tutti fanno figli random.
E’ sbagliato fare figli? Sto finendo di nuovo sul terreno “nazista”?
No, non direi proprio! Non mi sento nazista se mi auguro che la gente cominci a capire che avere un figlio, dopotutto, non è obbligatorio, e che si cerchi di mettere al mondo solo bambini che possano almeno sperare in un futuro decente (senza parlare del fatto che anche negli “umanili” ci sono anche tanti cuccioli a due zampe in attesa di una famiglia… ma quello delle adozioni è un discorso talmente complesso che non è certo possibile liquidarlo in due righe, tantomeno in un articolo sui cani).
Sta di fatto che sull’argomento “fare figli” ci sono un sacco di condizionamenti: spirituali, religiosi, culturali e chi più ne ha più ne metta.
Sull'”avere un cane”, grazie al cielo, tutti questi problemi non esistono.
Non c’è nessuna religione che ti obblighi ad averne uno; non ci sono donne che vanno in depressione perché non riescono ad esaudire il proprio desiderio di “caninità”; nessun Dio ha mai detto “crescete, moltiplicatevi e prendetevi un labrador”.
Per scendere più terra-terra… non ce lo ordina neanche il dottore, di avere un cane.
Quindi è possibile, STRApossibile compiere scelte responsabili, oculate, intelligenti, ragionate.
Allevamento serio
E’ possibile ed è assolutamente lecito, a mio parere, avere passione per l’agility e volere un cane che abbia buone probabilità di saper saltare un ostacolo senza rompersi una zampa; o essere anziani, o disabili, o semplicemente pigri, e volere un cane che possa starsene otto ore al giorno su un divano senza che gli venga la smania irrefrenabile di distruggere la casa.
A questo servono i cani di razza pura, i cani selezionati: non a fare gli “status symbol”, ma a poter svolgere un compito, o anche solo un “ruolo”, come quello del cane da compagnia, nel modo più soddisfacente possibile, sia per loro che per gli umani che li circordano.
E’ assolutamente lecito, a mio parere, volere un cane che arrivi in buona salute a un’età più longeva possibile.
Ed è lecito anche volere un “bel” cane, anche se questa dovrebbe essere l’ultima delle priorità se la bellezza viene intesa solo in senso “estetico”; mentre diventa importante quando – come dovrebbe SEMPRE avvenire in cinofilia – la “bellezza” si intende in senso funzionale. Ovvero, un cane da slitta costruito in modo da poter tirare una slitta con la minor fatica possibile. Un cane da caccia costruito in modo da poter galoppare per ora senza schiattare d’infarto. Un cane da compagnia che non pesi 120 chili. E così via.
Ovvio che quando si vuole un “cane-e-basta”, ovvero un amico, un simpatico compagno di vita, un membro della famiglia e niente più (che poi è un “niente più” assai relativo, perché un “cane-e-basta” ti dà già moltissimo)…allora il cane di razza non serve letteralmente a niente.
E in questo caso gli animalisti hanno non ragione… DI PIU’!
Perché la sciura Maria del mio esempio è un’emerita pirla: perché, sempre in quell’esempio, si mette in casa un cane che ha un bisogno VITALE di sfogare le sue immense energie, quando a lei sarebbe servito un cane tranquillo, pacioso, magari anziano, senza particolari esigenze di moto.
La sciura Maria sarebbe stata la “cliente” ideale del più vicino rifugio: avrebbe risparmiato i soldi (che le sono serviti a comprare una pallida imitazione del cane che cercava, per quanto lei sia convinta di aver “risparmiato” e di essere stata molto furba) e avrebbe potuto scegliere un cane davvero vicino alle sue esigenze, salvandolo da una vita di prigionia in canile.
Ma adesso chiediamoci: PERCHE’ ci sono così tante Sciuremarie, al mondo?
Una delle risposte (non certo l’unica, purtroppo) è sicuramente questa: perché gli animalisti, tutti presi dal sacro fuoco dell’amore ma spesso sprovvisti delle conoscenze base, proprio dell’ABC del mondo cinofilo, spendono il loro tempo e le loro energie a contrastare l'”allevamento di cani” in generale, anziché darsi da fare per combattere i cagnari.
Se scegliessero questa seconda strada, avrebbero gli allevatori seri al loro fianco, e non certo come avversari: perché anche agli allevatori seri piange il cuore nel vedere certi loro “sedicenti” colleghi che allevano cani come polli (ammesso e per nulla concesso che sia giusto allevare in batteria anche i polli), che sfruttano le cagne, che non selezionano un accidenti e che, per questo, vendono “un po’ a meno” cuccioli il cui reale valore è ZERO, perché ZERO è stato speso per la loro nascita e per il loro allevamento: eppure passano da “venditori onesti”, e gli allevatori seri sono “quelli cari” agli occhi della gente comune.
Ma non è tutto qui: gli allevatori seri, che come tali sono anche CINOFILI nel vero senso della parola (e infatti hanno molto spesso una bella compilation di cani adottati, insieme ai propri campioni!), sono i primi a spedire verso il rifugio i clienti che appaiono spinti da motivazioni inesistenti: personalmente ne ho spediti via a decine, e non perché sia una santa, ma perché non volevo che uno dei miei cuccioli finisse in mano a qualcuno che non poteva essere più lontano dal padrone ideale di un siberian husky. A queste persone ho sempre detto “andate al canile: a voi serve un “cane”, non questo cane”.
Molti ci sono andati e hanno trovato il loro compagno ideale: specie dopo che, magari, avevo passato un intero pomeriggio a sfatare leggende metropolitane sul fatto che “i cani adulti non si affezionano più”, “i cani adulti sono pericolosi per i bambini” e così via.
Invece di gettar fango su chi alleva, gli animalisti potrebbero, per esempio, fare campagne informative sull’adozione dei cani adulti: mentre spesso sono loro stessi ad accogliere i visitatori dicendo “cuccioli non ne abbiamo”, come invitandoli a tornarsene pure a casa.
Altra faccia della medaglia, anche l’ENCI e i Club di razza avrebbero il sacrosanto DOVERE di combattere i cagnari, sponsorizzare gli allevatori seri e dirigere verso canili e rifugi coloro che cercano un “cane-e-basta”: ma purtroppo l’ENCI (i Club dipende…non sono tutti uguali) è uno di quegli istituti che pensano più a guadagnare sui cani che a fare il loro bene.
Mi fa male al cuore doverlo dire (specie visto che l’ENCI ha in mano tutto il mondo “ufficiale” del cane di razza), ma è così e sarebbe stupido rifiutarsi di ammetterlo.
“ENCI” non è sinonimo di “buon allevamento”: quel ruolo se l’è giocato da tempo.
L’ENCI rilascia i pedigree: tutto qua. E’ un ufficio burocratico e va preso soltanto come tale.
Tutto quello che lui non fa, però, possiamo farlo noi… ma per farlo nel modo giusto (e cioè, innanzitutto, diffondendo una vera cultura del cane e di tutto il mondo che gli ruota intorno) non serve fare guerre tra poveri. Serve confrontarsi, informarsi reciprocamente: e serve anche denunciare tutto ciò che di sbagliato c’è dall’una e dell’altra parte, perché di sbagliato c’è moltissimo. Però, se un animalista dice “l’allevatore X cede i cuccioli a 40 giorni senza vaccinazioni”, gli allevatori seri dovrebbero essere al suo fianco a firmare la stessa denuncia.
E se un allevatore dice “il canile Y vende il mangime che gli viene regalato” (perché succede anche questo, ahinoi), gli altri animalisti dovrebbero correre a controllare e fare un mazzo così al gestore di canile truffaldino.
E naturalmente si dovrebbero portare avanti, tutti insieme, le campagne fondamentali sulla responsabilizzazione di chi vuole un cane, sulla sterilizzazione, sulla NON produzione di cuccioli casuali e indesiderati.
Invece, spesso, ci si chiude nel comporativismo e si vedono gli altri come nemici, quando dovremmo essere i primi alleati.
Così i rifugi restano pieni, i cagnari continuano ad arricchirsi… e i cani, come al solito, sono quelli che ci rimettono di più.