Polemiche inutili sui social - Allevamento labrador di casa Bertoldo

Allevamento labrador di casa Bertoldo
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Polemiche inutili sui social.

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Di Valeria Rossi.
Volevo condividere una “simpatica” esperienza cibernetica che mi è capitata oggi: sotto un mio post con le foto di alcuni miei cuccioli di Labrador, un simpatico ragazzo ha scritto: “Datevi fuoco, allevatori di merda! Che mettete al mondo altri cani mentre nel mondo a migliaia muoiono di fame! Mi fate cagare! Vi auguro il peggio!
Carino vero? Allora gli ho scritto in privato perchè volevo capire che cavolo avesse in testa… e la sua spiegazione è stata che secondo lui, laureato in biologia, facciamo un lavoro orribile e dannoso all’ambiente perchè oltre a produrre altri cani, mandiamo avanti razze create solo per il diletto dell’uomo e del CAPITALISMO. Quando gli ho detto che è proprio il cane domestico che è stato creato dall’uomo mi ha risposto che “il cane è una razza di lupo”.
Parole sue. Il biologo.
Avrei potuto rispondergli che allora noi siamo “una razza di scimmia”, ma la risposta mi è venuta dopo! Alla fine il simpaticone mi ha chiesto scusa per avermi offeso (dice di scusarlo perchè è giovane e appassionato… ahahah!). Almeno questo, l’ho ottenuto. Anche se resta convinto delle sue “idee”.
 
Ma non finisce mica qui. Il proseguo della discussione ha visto anche l’intervento di una signorina che ha scritto di essere proprio contraria al fatto che esista il cane domestico, perché comunque “è una forzatura dell’uomo antropocentrico che lo ha creato solo per soddisfare un suo gusto e quindi non sarebbe mai dovuto esistere”.
 
Ora, la domanda che sorge spontanea è: ma che cos’hanno nella testa, queste persone?
Come possono sentirsi pervasi da sacro fuoco animalista e poi mandare caldi accidenti (caldissimi, in questo caso: addirittura “infuocati”!) alle uniche persone che cercano di mettere al mondo cani sani e di buon carattere, sforzandosi poi di affidarli alle famiglie giuste in modo che non finiscano mai in canile (o peggio)?
Lasciamo per un attimo da parte la tragicomica contraddizione tra l’amore universale professato e gli auguri di morte, ben evidenziati dalla vignetta a sinistra; lasciamo da parte anche la palese disinformazione, o meglio la vera e propria crassa ignoranza (il primo cane domestico di cui si abbia un reperto è il cane di Goyet, vissuto 36.000 anni fa: siamo nel paleolitico superiore. L’uomo dell’epoca è l’Homo sapiens – e non l’Homo sapiens sapiens, ovvero quello attuale -, ha da poco scoperto il fuoco e utilizza ancora utensili di pietra. Ce lo vedete a preoccuparsi del “gusto cinofilo”?).
Il punto è che questo folle fanatismo, sempre più generalizzato, non può certamente nascere da solo.
Uno può anche essere convinto che il cane sia “una razza di lupo” (mamma mia), ma non si capisce per quale motivo dovrebbe scagliarsi contro chi cerca di far nascere i cuccioli di questa “razza di lupo” nelle migliori condizioni possibili… e magari appoggiare caldamente le Sciuremarie che accoppiano a caso meticci mai controllati dal punto di vista sanitario, che poi rifilano ad amici, parenti e conoscenti al solo scopo di levarseli dai piedi, perché in casa stanno diventando un problema. Però li regalano, quindi “non speculano sulla pelle degli animali”: bravissimi! Peccato che i canili siano strapieni di questi “figli dell’amore libero e gratuito”, mentre per trovarci un cane proveniente da un Allevamento con la A maiuscola bisogna girare per mesi o anni.
“I canili sono pieni anche di cani di razza!”, tuonano loro.
Balle: sono pieni di cani che “somigliano” – più o meno vagamente – a una razza: ma ovviamente l’ulteriore ignoranza cinofila, dopo quella antropologica, fa sì che questi assatanati non riescano a capire la differenza. Così come non capiscono quella tra Allevatore e cagnaro, commerciante, importatore e così via.
 
Certo che, confondendo l’Allevatore con un cagnaro che importa cuccioli dell’Est, non possono che augurargli di schiattare: in tutta sincerità (e in tutto cinismo), se prende fuoco un cagnaro non mi metto a piangere neanch’io.
Ma perché li confondono? Questa è la domanda chiave e la risposta, a mio avviso, può essere una sola: li confondono perché qualcuno fa loro un vero e proprio lavaggio del cervello, convincendoli che gli allevatori siano tutti cagnari, speculatori, esseri sub-umani che se ne infischiano del benessere dei cani e pensano solo ai soldi.
Ora, visto che siamo nell’era di Internet, a me sembra proprio strano (per non dire impossibile) che i sommi leader dell’animalismo (quelli che fanno proseliti e che li rintronano di questo genere di chiacchiere) siano così disinformati.
Ieri ho pubblicato la storia di un cucciolo dell’Est morto di cimurro e il suo proprietario è stato attaccato quasi come se fosse tutta colpa sua, “perché non poteva non sapere”, perché c’è Internet, perché ormai l’informazione sui cani dell’Est è diffusissima e alla portata di tutti.
Ma per lo stesso motivo, neppure i leader animalisti “possono non sapere” che un Allevatore è una persona che vive per i suoi cani, che spende una fortuna per tirar su una cucciolata soprattutto SANA (e che solo per questo si fa pagare i cani: non perché pensi che “le vite si comprino e si vendano), che non sa cosa sia un giorno di ferie, che passa notti insonni ad attendere un parto o a seguire il decorso di una malattia.
Quando vedo le facce stravolte di amici Allevatori che sembrano reduci da un conflitto nucleare, e mi raccontano che hanno quella faccia lì perché non dormono da una settimana per stare attenti che una mamma non schiacci i cuccioli, io ogni volta mi domando: “Ma queste cose, gli animalisti, non le sanno?”.
Io penso che le dovrebbero sapere: anzi, che sia quasi impossibile non saperle, perché anche gli Allevatori scrivono su Facebook o su Twitter; perché le loro vite le raccontano.  Perché le loro foto le postano.
 
Quindi, se ancora dobbiamo sentire questi pipponi sull’allevatore-bieco speculatore e sul suo cliente bastardo all’ennesima potenza, perché fa “morire solo e abbandonato” un cane del canile (come se l’avesse abbandonato lui: ma scherziamo?!?), è perché a qualcuno fa gioco che la si pensi così.
E mi dispiace dirlo, ma gli unici – proprio gli UNICI – a cui fa gioco mandare gli Allevatori al macero sono coloro che sul randagismo ci mangiano a quattro palmenti.
Associazioni sedicenti “protezionistiche” che raccolgono milioni di euro in donazioni; organizzazioni criminali che speculano (loro sì) sulla gestione di canili e rifugi (lo sapevate che il randagismo, soprattutto al Sud ma non solo, è quasi tutto in mano alle mafie locali, e che frutta quasi quanto il traffico di droga?); e magari perfino persone comuni che nella vita non hanno mai trovato uno straccio di gratificazione, e che dedicandosi alle battaglie animaliste (o ritenute tali) si sentono, per la prima volta, importanti. O solo un po’ meno inutili.
Il randagismo, in Italia, non scompare perché a troppa gente fa comodo che rimanga: questa è un’innegabile verità. E siccome l’unica VERA alternativa al randagismo sarebbe proprio l’Allevamento con la A maiuscola, visto che è un dato di fatto che i cani provenienti da lì non finiscano praticamente mai in canile, ecco che conviene combatterlo e cercare di farlo fuori. Perché il vero cinofilo, inteso in senso letterale come qualcuno che ama i cani, è un nemico pericoloso per chi, sui cani, vuole specularci davvero.
Forse sarebbe bene che biologi arrapati e animalisti infoiati ci facessero un pensierino, prima di “augurare il peggio” a chi si sbatte davvero per il bene dei cani prima, anziché darsi tanto da fare quando il cane è già stato maltrattato e abbandonato.
Cari fanatici, siete vittime di un raggiro colossale che sfrutta la vostra buona fede affinché il randagismo non finisca mai: cercate di aprire gli occhi e di capirlo, o continuerete ad essere complici deegli stessi crimini che pensate di combattere.
 
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